Il bar ha fischiato

Avete mai immaginato un posto dove le scelte di vita sbagliate vengono messe da parte per qualche ora? Dove tutti sono pari e non esiste classe sociale? Dove il bere costa poco e sembra far meno male? Dove anche i vecchi tornano bambini e i giovani corrono felici? È presto per parlare di paradiso, parliamo del Bar Sport. Il luogo come spaccato sociale, dove il problema permane ma è condiviso, dove il futuro è predetto ma si sogna l’antico, dove i vecchi si mescolano con i giovani nelle idee e nelle abitudini.
Ordino una sfoglia e un cappuccio mentre Sauro e il Boss si stanno già scannando sul prezzo della benzina. L’aria è fresca e profuma di caffè, Grazia compra le caramelle per le nipotine che verranno scaricate nel pomeriggio da qualche parente e Bottiglia prende i suoi due pacchetti di Marlboro che gli taglieranno il fiato di lì a sera.
Non potevo far altro che pensare alla vita di tutti, al perché dei loro tormenti mescolandoli ai miei. Il cappuccino è finito, saluto tutti come se fossero miei fratelli sapendo che tanto prima o dopo ci saremmo rivisti lì dentro. La mattina corre veloce come una carta da gioco volata sul tavolo trattenendo una bestemmia. Rientrando questa volta chiedo un caffè e al banco si accavallano le voci degli anziani che si contendono un tavolo per la briscola del giorno e quelle degli operai che pretendono velocità di servizio per rientrare in tempo. Io osservo, ascolto, gioisco e soffro con loro. Mi gusto il caffè, faccio bruciare la sigaretta fra le labbra e ancora un ciao che sa di “a fra poco”. La strada è così bella.
Mentre il giorno cade i tavoli iniziano a riempirsi di bicchieri e i dibattiti si fanno più accesi, l’orologio sembra correre più lento, c’è chi maledice il parlamento e chi spera si rimetta il tempo. I giovani si raccontano gli amori e i vecchi lamentano dolori e tutti rimpiangono la lira. Passa una bicicletta: ”la mia è più bella” afferma Sauro. Passa una donna, che meraviglia. Le generazioni si scontrano, si consigliano e si azzannano offrendosi da bere. È l’ora di cena, d’un tratto il bar si svuota e penso a quel bicchiere vuoto sul tavolo e quali problemi avrà nascosto.
A tarda notte, all’ennesima birra, comincio a pensare ad alta voce: ”Dov’è l’ultimo uomo sulla terra, è impegnato a farsi un selfie sulle rovine di una società, e io sono qui che sento, tutto sulla mia pelle, il disagio di essere giovane in un mondo dove anche i sentimenti hanno un prezzo, dove si paga per apparire, dove ci si vende per arrivare a quei quindici minuti di fama. E te che mi fai compagnia perché sei legale? Perché lo stato ti ha scelto fra mille altre droghe. Fottetevi, fottetevi tutti. Non vi meritate nemmeno la mia rabbia voglio vedervi fallire, voglio vedere il mondo così com’è fallire e ripartire dal verde, dai colori, dai rumori e dall’amore, quello vero, per la gente, per l’uomo. Sogno un mondo dove non servono domande, perché le risposte, da che mondo e mondo, le dà il cuore. Le domande sono superflue. Tu vai a fanculo”. Rompo la bottiglia in terra e Sauro da dietro la porta esclama: “Ai miei giorni non c’era il tempo per queste cazzate“.

Luca Nacci, 22 anni, nato e cresciuto in un piccolo paese vicino Firenze. Si trova alla fine del percorso di studi in fashion design. Da sempre coltiva la passione per le due ruote, per la velocità e per l’estetica. Affascinato da ogni tipo di espressione artistica, il bar che frequenta da una vita, diventato quasi un caffè letterario, lo influenza costantemente.

Filippo Angelini, 25 anni, è nato e cresciuto nelle campagne della provincia di Firenze, dove vive tutt’ora mescolandosi con la natura e il paesaggio, incantandosi ad ascoltare le memorie antiche degli anziani di paese. In parallelo al lavoro sta approcciando allo studio della chitarra per sentirsi più vicino ai grandi cantautori della musica italiana e dare sfogo alla passione per la scrittura.